Celebriamo i 700 anni dalla scomparsa di Dante Alighieri
Era la notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321 quando Durante di Alighiero degli Alighieri si spegneva a Ravenna dopo aver contratto la malaria in viaggio di ritorno da Venezia.
E nei 700 anni dalla sua scomparsa, anche Radio Sorrriso si inchina alla memoria del sommo poeta.
Ogni domenica nella pagina ufficiale di Facebook ricorderemo uno dei personaggi da lui descritti nella Divina Commedia.
Padre della lingua italiana e dunque del “buon parlare”, ci sembrava d’obbligo ricordare in quest’anno le meraviglie nate dalla sua mente geniale.
Stiamo parlando ovviamente di Dante Alighieri.
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.
Paradiso
Siamo alla fine del nostro viaggio dantesco dedicato alla Divina Commedia. In questi ultimi versi dell’opera, Dante riconosce la propria incapacità a comprendere il mistero dell’Incarnazione dell’umano nel divino. Dante ha capito Dio; ma non riesce a raccontarlo perché la sua potenza immaginativa si è annullata. Dante sente che l’Amor che move il sole e l’altre stelle sta ormai muovendo anche il suo desiderio e la sua volontà. Dante capisce che è l’amore il sentimento che muove qualsiasi cosa.
O somma luce che tanto ti levi
da’ concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,
e fa la lingua mia tanto possente,
ch’una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente
Paradiso
Dante contempla la Vergine Maria nel canto XXXII, versi 88-114. Gli viene indicata da San Bernardo ed è descritta come l’angelo più luminoso di tutti. Accanto alla Vergine c’è l’arcangelo Gabriele, che le canta l’Ave Maria e tutti i beati e gli angeli si uniscono al coro. Anche il canto successivo, XXXIII, si apre con una bellissima lode alla Madonna, considerata il tramite tra l’uomo e Dio: è stata infatti madre e figlia nel mistero dell’incarnazione.
Uno intendea, e altro mi rispuose:
credea di veder Beatrice e vidi un sene
vestito con le genti gloriose.
Paradiso
Ci troviamo nel XXI Canto del paradiso. Dante si volta per rivolgere alcuni quesiti a Beatrice ma al suo dianco trova San Bernardo, l’ultima guida del poeta nel suo viaggio verso Dio. A questo punto Dante rivolge una preghiera di gratitudine alla sua amata Beatrice. Ma chi è San Bernardo? Bernardo fu uno scrittore raffinato e viaggiatore instancabile, Alla sua morte, aveva fondato 350 monasteri che vivevano secondo la sua interpretazione della regola benedettina. La scelta di affidare la guida a questa grande personalità non è casuale: Bernardo fu un grande mistico, un grande oratore che pose al centro del suo credo, l’umiltà. Grazie a questo Santo dunque, il processo di ascesi spirituale di Dante si conclude: dalla selva oscura al corretto uso della ragione.
Dinanzi a li occhi miei le quattro face
stavano accese, e quella che pria venne
incominciò a farsi più vivace
Paradiso
Ci troviamo ora nel XXIV canto del paradiso. Beatrice intercede affinchè le anime beate rendano partecipe Dante, delle loro conoscenze. Tra le anime c’è quella di S. Pietro. Questo Santo inizia ad esaminare l’anima e la fede del sommo poeta. Il poeta risponde ai quesiti in tema fede di San Pietro, dicendo che la fede è il principio su cui poggia la speranza nella vita futura, e la promessa da cui dobbiamo partire per ragionare su quanto non vediamo. Il Santo si pone contro la corruzione della Chiesa, profetizzando in futuro un intervento divino.
Di questa costa, là dov’ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo tal volta di Gange
Paradiso
I canti XI e XII del Paradiso sono ambientati nel quarto cielo (il cielo del Sole), dove sono presenti gli spiriti sapienti. Siamo nel canto XI quando Dante scrive di San Francesco d’Assisi paragonandolo al sole. E’ San Tommaso a parlare di questo Santo, narrando le sue vicende personali. San Tommaso racconta di come Francesco rinunciò ai beni di famiglia in nome della Povertà e fondò il suo ordine. In tutta la descrizione la figura di San Francesco è collegata a quella di Gesù.
Questi che m’è a destra più vicino,
frate e maestro fummi, ed esso Alberto
è di Cologna, e io Thomas d’Aquino
Paradiso
Nel X Canto, quello degli spiriti sapienti, Dante incontra San Tommaso d’Aquino, uno dei principali filosofi e teologi del Medioevo. Questo personaggio indica al poeta tutte le anime che sono come lui, nella rosa delle anime sapienti. Tra i nominati troviamo Alberto Magno, re Salomone, Isidoro di Siviglia e molti altri. San Tommaso d’Aquino, è presente anche in altri Canti successivi. Non appena Tommaso termina di parlare, la corona comincia a ruotare e a cantare dolcemente.
Poi seguitai lo ‘mperador Currado
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni a grado
Paradiso
Nel 5° cielo, quello di Marte, fra gli spiriti militanti, Dante incontra Cacciaguida, un suo antenato. In Questo canto Dante chiede notizie sui suoi antenati, sulla Firenze di un tempo e sulla sua vita futura, in particolare dell’esilio che più volte gli è stato predetto in modo oscuro all’Inferno e nel Purgatorio.
D’una radice nacqui e io ed ella:
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perchè mi vinse il lume d’esta stella
Paradiso, Canto IX
Siamo nel IX canto del Paradiso, Cunizza era sorella di Ezzelino III (che troviamo all’inferno). Poco più che ventenne, convolò a nozze con Rizzardo di S. Bonifacio, signore di Verona (un matrimonio volto a mantenere la pace tra le due casate). La tregua tra le famiglie durò poco perché la ragazza, su iniziativa del fratello, venne rapita dal poeta di corte Sordello (collocato da Dante in purgatorio) e ricondotta nella casa paterna. Non si conosce con precisione come andò a finire la storia, certo è che Cunizza cedette volentieri alla passione nei suoi anni giovanili. In età più matura questa stessa passione si tramutò in un’intensa pietà religiosa. Ecco perché Cunizza si trova in paradiso.
Quest’è la luce de la gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò ‘l terzo e l’ultima possanza
Paradiso
Siamo in Paradiso, tra le anime beate. Qui Dante colloca Costanza D’Altavilla, tra gli spiriti difettivi per inadempienza di voto. Secondo quanto scritto nella cantica, Costanza D’Altavilla fu monarca e costretta ad uscire dal monastero per sposarsi. In realtà quella a cui Dante fa riferimento è una leggenda in base alla quale il papa l’avrebbe tolta dal monastero di Palermo in cui si era ritirata, per costringerla alle nozze da lui preparate con Enrico VI, anche se il fatto è falso: Costanza non fu mai monarca.
Io era tra color che son sospesi
e donna mi chiamò, beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi
Paradiso
Giunti nel Paradiso Terrestre, Virgilio saluta Dante e si appresta a tornare nel Limbo. Beatrice si sostituisce al poeta latino nel ruolo di guida attraverso i nove cieli del Paradiso. Il rapporto tra i due è particolare, Dante si riferisce a lei usando il termine donna, mentre Beatrice, spesso lo rimprovera per la sua ignoranza dottrinale. La donna amata da Dante, divenuta l’ispiratrice della sua poesia è, nella Divina Commedia, maestra di verità, il tramite che permette a Dante e all’intera umanità di arrivare al Paradiso e alla contemplazione di Dio.
Chiamato fui di là Ugo Ciappetta;
di me son nati i Filippi e i Luigi
per cui novellamente Francia è retta
Purgatorio, Canto X
Nel canto X del Purgatorio, compare la figura di Ugo Capeto che dichiara di essere il capostipite della dinastia francese dei Capetingi, che danneggia tutta la cristianità e raramente produce buoni frutti. Ugo Capeto si trova in purgatorio non per il peccato personale ma per la cupidigia della dinastia e soprattutto degli ultimi discendenti.
Farotti ben di me volere scemo:
son Guido Guinizzelli, e già mi purgo
per ben dolermi prima ch’a lo stremo
Purgatorio, Canto XXVI
Siamo ormai giunti alla settima e ultima balza del Purgatorio, quella dei lussuriosi. Ed ecco che tra le anime di questo canto, c’è quella di Guido Guinizzelli, il maestro del Dolce Stil Novo. Qui Dante colloca le anime che in vita si sono lasciati andare all’eccessivo piacere ma che in punto di morte si sono pentiti. La colpa di Guido Guinizzelli è, di aver peccato di idolatria, ovvero di aver scritto e parlato della donna amata come se fosse un bene assoluto, un idolo.
E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo ‘l viso giù tra esse basso.
Purgatorio – Canto IV, 106-108
Tra le anime pigre nel pentirsi, poste nell’antipurgatorio, c’è quella di Belacqua, di cui si hanno scarse notizie. Era un liutaio, amico del sommo poeta ma noto per la sua grande pigrizia. Dante lo riconosce e va verso di lui ma la conversazione dura poco. Belacqua dice che Dio gli ha assegnato un tempo di attesa prima di entrare a far parte delle anime del purgatorio. A richiamare l’attenzione e a distogliere Dante dalla conversazione è lo stesso Virgilio.
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Giovanna o altri non ha di me cura;
per ch’io vo tra costor con bassa fronte
Purgatorio, Canto V, 88-90
Siamo nel purgatorio, quando Dante si imbatte nella figura di Bonconte da Montefeltro. Nato ad Arezzo intorno al 1250 ed educato dal padre al mestiere delle armi, nel 1287 partecipò alla cacciata dei guelfi dalla città e l’anno seguente guidò le milizie ghibelline. Combattè anche nella battaglia di Campaldino, nella quale morì (1289). Al termine della battaglia, con grande meraviglia di tutti, il corpo di Bonconte non fu più ritrovato. In questo canto, Bonconte si dice rammaricato e sofferente poiché la famiglia lo ha dimenticato.
Amor che ne la mente mi ragiona’
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona
Purgatorio – Canto II, 112-114
Nel suo viaggio, Dante incontra anche qualche amico. È il caso del compositore fiorentino Casella che compare nel secondo Canto del Purgatorio. Dante gli chiede di cantare e le soavi note incantano tutte le anime del Purgatorio, Tuttavia, quando Catone Uticense (il custode del Purgatorio) se ne accorge, rimprovera tutti i presenti sollecitandoli a continuare la loro purificazione dell’anima. La cosa fondamentale per le anime che si trovano in questo luogo, è non lasciarsi abbandonare dai ricordi ma concentrarsi sull’espiazione dei peccati.
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: “Guai a voi, anime prave!
Inferno – Canto III, 82-84
Nel III canto dell’inferno Dante ci presenta Caronte, un personaggio della mitologia classica. Il Caronte dantesco è un vecchio con la barba bianca e gli occhi circondati da fiamme e si occupa di traghettare le anime dell’inferno, seguendo il corso del fiume Acheronte. Con sguardo severo, minaccia castighi ai dannati e li fa salire sulla sua imbarcazione per poi portarli nei vari gironi degli inferi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ’l superbo Ilïón fu combusto.
Inferno – Canto I, 73-75
Nella Commedia Virgilio compare nel I canto, proprio mentre Dante si trova a dover affrontare le tre fiere (la lonza, il leone e la lupa) nella selva oscura. Virgilio è una guida per il sommo poeta, l’uomo che lo riporta sulla retta via, allontanandolo dal peccato. Questo personaggio, per il quale Dante nutre un profondo rispetto, viene collocato nel Limbo (il cerchio in cui si trovano le anime che non hanno ricevuto il battesimo). Virgilio lo accompagnerà nei vari gironi dell’inferno, nel Purgatorio, fino alle porte del Paradiso.